Parigi, un terrazzo e il bambù – parte 1
Da un po’ di tempo penso che non abbia più senso per me comprare in formato cartaceo libri che hanno in sé il concetto di scadenza rapida, ad esempio libri su questioni prettamente tecniche o tecnolgiche.
Questi per me sono diventati acquisti digitali e, insieme a loro, alcuni libri di verde che per vari motivi non considero necessario avere di carta.
Mi rimane il piacere di acquistare vecchi libri di giardinaggio e sul verde in genere, per cui la ricerca si fa difficile e piacevole. Difficile, perché non ho un preciso bisogno e quindi mi muovo del tutto a istinto, perdendo tempo o prendendo tempo. Piacevole, perché quando trovo un libro che non cercavo e di cui non avevo bisogno è una grande soddisfazione.
Photo by Paesaggiostudio
Questo discorso per arrivare a dire che ho scovato un libro il cui titolo è già un programma: “Il giardino signorile”, Görlich Editore, Milano, 1964. Il libro è tedesco e la prima edizione è del 1962. Una raccolta di progetti e realizzazioni a cura di Elisabeth Schuler, con revisione italiana di Gigliola Magrini (!) e consulenza botanica di Marco Marro.
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Nel libro ci sono giardini di tutto il “vasto mondo”, così dice l’indice, e alcuni terrazzi. Li scorro velocemente e trovo un terrazzo interamente rivestito in bambù. Diciamo pure che chi fa il mio mestiere sa bene che il bambù negli ultimi anni ha creato diversi problemi.
Vivo, nei vasi di materiali leggeri o inadatti, ha fatto capire quanto è forte, spesso rompendoli o deformandoli. Secco, in canne piccole, grosse, verdi, gialle, striate, di plastica, ha letteralmente invaso, con il suo linguaggio ridotto all’esotico-facile, ogni possibile arredo, locale pubblico e spazio privato. Insomma, lo abbiamo fuori dagli occhi.
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Dicevo nella prima parte di questo post che ho ormai il bambù fuori dagli occhi e so che cosa significa piantarlo in un vaso: scappa da tutte le parti e lo fa con estremo vigore.
Eppure il terrazzo con il bambù fotografato nel libro “Il giardino signorile”* non mi ha fatto venire voglia di voltare pagina: perché? Perché è semplice e fa buon uso di una pianta quasi mai adatta al vaso.
Siamo sui tetti di Parigi nei primi anni Sessanta e qui il bambù è utilizzato secondo scelte a basso costo e a basso impatto: come una pianta invadente che non invade.
Eccolo, assai robusto e durevole, usato come pannello a nascondere i vasi di rododendro, come rivestimento del parapetto del terrazzo e per chiudere alla vista un lato del terrazzo, evidentemente ritenuto troppo aperto ed esposto.
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A questo si aggiunge un leggero pergolato sempre in bambù e completa il tutto un gioco geometrico di canne che servono a chiudere un po’, ma non poi troppo.
Non so chi di chi sia l’idea di questo terrazzo: il libro parla di Madame Rosy Carita che, dopo essermi documentata un po’, ho capito essere stata a capo del famoso e omonimo marchio di bellezza insieme alla sorella. Partite in sordina da Tolosa negli anni Trenta e arrivate a scalare Rue du Faubourg Saint-Honoré a Parigi.
Non so se sia l’autrice del terrazzo o la proprietaria del terrazzo.
Resta il fatto che a madame una cosa va detta: questo è un terrazzo eco-friendly, sostenibile, riciclabile, facilmente rimovibile, smaltibile e, a quanto vedo, plastic free.
Madame, la ringrazio per la lezione. Si sa che le lezioni semplici sono le più difficili da preparare e anche le più efficaci.
La fonte fotografica potrebbe essere: Alexandre Choura o Holmes Lebel o Serge Lido o Maison et jardin: resto a disposizione per precisazioni e correzioni.
*“Il giardino signorile”, Görlich Editore, Milano, 1964. Il libro è tedesco e la prima edizione è del 1962. Una raccolta di progetti e realizzazioni a cura di Elisabeth Schuler, con revisione italiana di Gigliola Magrini (!) e consulenza botanica di Marco Marro.